Come potrei iniziare un viaggio adesso?
Eppure mi muovo, e se mi muovo, sto viaggiando.
Oggi la luce mi ha svegliata prendendomi tra le sue braccia. L’acqua mi ha lavato il sonno dagli occhi. Il vento mi ha coccolata e pettinata. Le piante mi hanno accuratamente vestita.
Tengo un parasole sulla mia testa perfettamente acconciata, che dondolo facendo ondeggiare i pettini tra le ciocche. Con l'altra mano, tengo un lembo del mio lungo vestito a strati, fermato da una spessa e lunga cintura. I miei piedi rigidi sugli zoccoli si muovono veloci a passi brevissimi.
Sono sempre più veloce e agile: le mie gambe si curvano e ruotano leggere, come una bicicletta. Prendo confidenza e man mano velocità. Alzo polvere, l'odore della benzina in me mi eccita, mi esalta.
Corro sempre di più, ho bisogno di scappare mentre le luci si riflettono su di me.
Il vento mi inebria mentre mi defilo a perdifiato sulle rotaie del mio cammino, e non mi curo più di niente e di nessuno: i passeri si spaventano al mio passaggio, i gatti si nascondono con le orecchie piegate prima che chiunque altro si accorga di me.
Devo accelerare, devo vincere questa sfida: far perdere le mie tracce, libera finalmente!
Ora un pendìo mi provoca, ed io non manco di giocare: mi lascio andare, non temo il precipizio, rido mentre mi preparo allo schianto...
E invece no! Nessun impatto se non con l'aria, che mi fa continuare questo viaggio.
Ora urlo di gioia: la rapidità mi fa abbracciare lo spazio fino all'orizzonte, più urlo e più accelero!
L'impatto col puro spazio aperto mi scioglie la veste, mi disfa l'acconciatura: il mio essere si espande attorno a me, che sto volando come un razzo sulla superficie dell'oceano. I miei capelli lunghissimi toccano le onde che mi attirano pesanti.
Plano sul pelo dell'acqua, man mano che m'impregno di vita salina, continuando la mia corsa, spinta dal vento.
Poco a poco mi calmo, il mio cuore non rischia più l'infarto e mi lascio portare dall'aria che gonfia le mie vesti e i miei capelli.
Sono comunque emozionata: non m'importa più di fuggire, anche se rimane di me uno strascico superficiale, che si disperde poco a poco.
Placida, mi fermo a guardare il sole che tramonta.
Mentre lo guardo, invidio la sua lentezza brillante e regolare: lo spettacolo è talmente perfetto che mi immedesimo in esso.
Con gli occhi gonfi di gratitudine, scendo giù assieme a quell’astro morente, e la mia visione diventa sempre più liquida.
Questa notte il buio mi ha accolta tra le sue braccia. L’acqua mi ha calmata e cullata.
Le onde mi hanno sciolto e pettinato i capelli e le alghe mi hanno coperta.
La mia discesa raggiunge l'oscurità dell'abisso.
Mentre i pesci mi fanno il solletico tra i capelli, sorrido guardando il gentile tondo sfocato della luna che inizia ora il suo viaggio.